Tre minuti e mezzo. E’ il lasso di tempo in cui il lottatore imolese Mirco Minguzzi ha ceduto per superiorità tecnica (10-0), opposto al collega armeno Gevorg Tadevosyan. Quest’ultimo è poi . di scena negli ottavi di finale, sconfitto dal georgiano Lasha Gobadze, vittorioso ai punti per 5-4, così da non permettere a Minguzzino di accedere ai ripescaggi. Il contesto era il preolimpico disputato a Istanbul che metteva in palio posti per i Giochi Olimpici a Parigi. Sfuma il sogno dell’atleta, affiliato al Gruppo sportivo dei Carabinieri, che, in non perfette condizioni di forma, si fa sopraffare da un avversario molto quotato.

In Armenia la lotta grecoromana è considerata ed escono campioni come se piovessero. Un triste finale, in generale, è quello di questo tipo di disciplina perché tutti gli italiani in lizza sono stati eliminati. Si tratta di Andrea Setti, Riccardo Vito Abbrescia e Nikoloz Kakhelashvili. «Mirco è andato molto male, ha perso il primo incontro con l’armeno che è forte – dice Andrea Minguzzi, fratello di Mirco, allenatore del Gruppo Fiamme Oro Imola e campione olimpionico di lotta grecoromana a Pechino nel 2008 – ma se vuoi fare le Olimpiadi sono i forti che devi battere. Mio fratello era reduce da un infortunio, uno strappo al bicipite femorale che lo aveva fermato per un po’ di tempo. Ciò non giustifica la Nazionale veramente a terra». L’ex lottatore dell’Usil (Unione Sportiva Imolese Lotta) potrebbe aver sentito la tensione derivata dalla posta in palio ma il fratello nega: «Fa gare da 10 anni, fa di mestiere questo sport e non credo fosse emozionato. Ha influito l’infortunio, ha fatto il torneo all’ultimo. Non aveva partecipato all’europeo perché era fermo e non era allenato. L’atleta armeno era più forte di lui».