“Nel 2013 accadde un episodio molto singolare che mi causò una totale perdita di fiducia nei confronti di un mio familiare, dato che ebbi certezza che questa persona tramasse alle mie spalle”.

Marta (nome di fantasia), 33 anni, racconta l’antefatto da cui poi scaturì il suo avvicinamento alla psichiatria.

“Mi arrabbiai molto e, sul momento, andai oltre. Anni dopo, per una serie di circostanze che inizialmente sembravano coincidenze, iniziai ad avere molti sospetti che, in effetti, rasentavano la vera e propria paranoia. Del resto, dopo anni di menzogne, diventò pressoché impossibile per me distinguere tra realtà e immaginazione. Nel 2017, ad esempio, c’era un amico del familiare in questione che stava sempre seduto davanti alla panchina di casa mia e pensai che mi stesse controllando. Andai dalle Forze dell’Ordine e mi fu detto di andare al Centro di Salute Mentale. Arrivata lì, pensai che mi avrebbero rassicurata, magari con un calmante ma invece una dottoressa mi diede un bicchiere d’acqua che mi fece quasi perdere i sensi”.

Marta continua: “Mi portarono in Spdc (Diagnosi e Cura). Mi diedero altre medicine e crollai in un sonno profondo. Quando mi svegliai cercai di alzarmi dal letto ma caddi per terra sbattendo un ginocchio. A me sembrava di essere capitata in una sorta di inferno terrestre. Dopo sette giorni, fui libera di tornare a casa ma ero letteralmente sconvolta dall’ambiente e dalle persone che avevo incontrato. Poi, schiava di un meccanismo che il mio psicologo ha definito in seguito “coazione a ripetere” commisi il grave errore di tornare dalle Forze dell’Ordine quando mi succedeva qualcosa, ignorando ingenuamente il fatto che mi avessero “etichettata” e, ora, alla luce del trauma che mi hanno causato, paradossalmente non mi rivolgerei a loro neanche se vedessi accadere una rapina sotto i miei occhi per paura di non essere creduta”.

Intanto la dottoressa che mi avevano affibiato “minacciava”: “I tuoi figli – diceva – te li faccio togliere se non fai quello che dico io”.

Marta prosegue: “Facevo la puntura del depot, sempre sotto minaccia e mi somministrarono un farmaco molto potente, oltretutto con un dosaggio che fu definito dal mio medico di base da “cavalli”. Questa “bomba chimica” mi provocava effetti extrapiramidali, acatisia (tremarella), avevo sempre sonno, non vedevo bene la strada, ingrassai molti chili in pochi mesi. Non volevo più uscire di casa”.

Marta va avanti: “Stavo malissimo, venne mia madre e davanti a lei chiesi di calare la medicina e mi risposero che si poteva fare, come fosse una gentile concessione da parte loro. Poi ebbi la fortuna che la dottoressa fu spostata e mi cambiarono medico. Una persona a me molto vicina, non potendo più vedermi in quelle condizioni, mi disse che la puntura non ero obbligata a farla per legge perché solo in regime di tso c’è l’obbligo di cura. Mi opposi alla puntura con fermezza e decisione, facendo presente alla nuova dottoressa che la legge parla chiaro e, senza il mio consenso, non avrebbero potuto iniettarmi nulla. Mi diede qualcosa da assumere via bocca. Promisi di assumere quelle pillole ma, in realtà, non le presi mai perché stavo bene e la dottoressa, infatti, non se ne accorse dicendomi addirittura che quello era il farmaco adatto a me”.

La giovane descrive l’esperienza in Diagnosi e Cura: “Gli infermieri non sopportavano che mi svegliassi di notte e si irritavano se dormivo il pomeriggio. A distanza di anni, penso che all’oggi, preferirei rompermi una gamba e stare col gesso per mesi piuttosto che passare un solo giorno in quel reparto. Sono stata anche truffata da un paziente tossico e ho dovuto lottare per cinque anni per vie legali, per riavere i miei soldi. I tossicodipendenti erano mischiati agli altri utenti e potevano risultare pericolosi. Gli infermieri avrebbero dovuto vigilare e fare in modo che non si creassero legami pericolosi”.

Marta fa un appello: “Bisogna fare in modo di non entrare mai in questo mondo. Se non ci sente bene sarebbe opportuno parlare con il medico di famiglia ed, eventualmente, rivolgersi a uno specialista privatamente”.